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HUMANA VERGOGNA
quando: 8 dicembre, ore 17.00 alle ore: ore 17.00 dove: Teatro San Domenico |
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APPUNTI | |
di Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti DA MATERA CAPITALE DELLA CULTURA 2019 Performance di teatro e danza con un cast internazionale Nell’età omerica era la cultura della vergogna a determinare l’assetto sociale: l’eroe e l’uomo comune vivevano in relazione all’onore che la comunità attribuiva loro, esistevano cioè in quanto oggetto del giudizio e del guardare altrui. E oggi che valore ha la vergogna? In che relazione si pone con il nostro quotidiano? Stiamo vivendo una nuova shame culture? Nell’era digitalizzata del popolo globale sono ancora molte le pagine da scrivere sul tema, laddove la vergogna ha un forte peso politico, privato e sociale — e non solo nella vetrina dei social. Bisogna quindi individuare una precisa angolazione e restringere il campo di indagine. Humana vergogna, ultimo lavoro di Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti, presentato all’interno della Casa Circondariale di Matera, sceglie di ragionare sulla “relazione”. Se infatti Aristotele afferma che «la vergogna è negli occhi» — come ci viene ricordato durante la performance — perché non affrontarla nella dinamica ambigua e mutevole che si crea tra il soggetto e l’oggetto del guardare?
In sala il mood è infatti quello frizzante e divertito di un party della vergogna: in preparazione ai festeggiamenti, gli spettatori sono invitati a indossare una coroncina dorata con la scritta “Happy new shame!” La prima parola a comparire sul fondale è “farting”, argomento di cui si prende carico Ema Tashiro con un’esilarante tutorial di flatulenze in lingua giapponese, accompagnata dai gesti caricaturali e ripetuti di tutti i compagni di palcoscenico. Una vergogna per così dire “oggettiva” e condivisa, quella delle manifestazioni più basse del corpo, che suscita la risata complice dei presenti. Capitolo dopo capitolo gli attori procedono per nuclei tematici, innescando e disinnescando a loro piacimento i meccanismi relazionali che di volta in volta vengono generati. “Ma andiamo oltre” è infatti la chiave, utilizzata da Simona Spirovska, maestra di cerimonia di questa festa, per scardinare il dispositivo della finzione e scandire la successione dei quadri. È attraverso questa formula che l’argomento può cambiare radicalmente di segno. Quando la performer macedone, ad esempio, propone, con tono gelido, una disamina delle tecniche inumane usate nel suo Paese e in Italia, per eliminare i cani randagi. Se volessimo esercitarci, ci ricorda, possiamo sempre farlo con i Rom… Una crudeltà fredda che, al contrario del primo capitolo, mette distanza e suscita (ovviamente) lo sdegno di un pubblico estraneo a questi comportamenti. Eppure è sufficiente che gli attori comincino ad avvicinarsi col dito puntato verso la platea per far nascere un senso di imbarazzo in chi viene additato, per il solo fatto di essere guardato da tutti gli altri o, forse, per non il fatto di non essersi vergognato a sufficienza di quanto accade anche al di fuori della finzione.
È questo il primo scarto verso una dimensione interiore del lavoro in cui il pubblico entra a tutti gli effetti a far parte del gioco.
Attraverso la formula “non mi vergogno a dire che…” toccherebbe infine al pubblico alzarsi e raccontare. E poco importa che si trovi, o meno, la forza di parlare. L’invito è infatti tutt’altro che provocatorio; è piuttosto lo stimolo a un cambio di atteggiamento, quasi un training da replicare davanti allo specchio. Sulla linea di questo affiatamento, il gesto finale, in cui viene chiesto a ciascuno spettatore di accartocciare e lanciare sul palco il foglio a cui sono affidate le proprie vergogne, è catartico e condiviso. E la liberazione festosa da quell’unico e ingombrate effetto personale diventa un atto che, come l’azione teatrale, è politico e privato allo stesso tempo. |
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ALTRE INFORMAZIONI | |
Biglietti: Poltronissima Extra € 21 Poltronissima € 21 Poltrona € 21 Laterale € 16 Terzo settore € 16 ridotto € 10,00 |